Giornata del Camminare 2015

Per la Giornata nazionale del Camminare 2015, Movimento Tellurico propone una riflessione sull’ambiente e sulla difesa della Terra, bene comune. Lo faremo come sempre a modo nostro, raccontando lungo il cammino le nostre esperienze ed emozioni.

Il primo appuntamento è previsto all’alba a Piazza San Pietro, angolo Via della Conciliazione, alle ore 6, per salire subito sul Gianicolo e salutare il levare del sole.
Per la seconda parte del percorso, l’appuntamento è alle ore 9:30 al Colosseo: da qui cammineremo fino alla Città dell’Altra Economia.

Come sempre, chi non può essere presente dall’inizio o parte da troppo lontano può raggiungerci in appuntamenti successivi lungo il cammino.

Logo-Facebook-piccoloClicca qui per l’evento Facebook della camminata di Movimento Tellurico.

 

Prima parte:
Con i nostri passi difendiamo la terra – Roma alle prime luci dell’alba

Percorso prima parte

Profilo altimetrico del percorso:

Profilo altimetrico prima parte del percorso (fino al Colosseo)

Partenza: ore 6:00 a Piazza San Pietro, angolo Via della Conciliazione
Lunghezza percorso: 6 km

Ci mettiamo in cammino alle prime luci dell’alba partendo da Piazza San Pietro, angolo Via della Conciliazione.
Appuntamento alle 6 per raggiungere all’alba il Gianicolo e salutare insieme il levare del sole, previsto alle ore 7:13.
Alle 9:00 saremo al Colosseo per il raduno con tutte le altre associazioni partecipanti alla Giornata del Camminare.

 

Seconda parte:
Con i nostri passi difendiamo la terra – Roma verso un’altra economia

Percorso seconda parte

Profilo altimetrico seconda parte:

Profilo altimetrico seconda parte

Partenza: ore 9:30, Colosseo
Successivo appuntamento: ore 11:00, Terme di Caracalla, stadio viale Baccelli
Lunghezza percorso: 9 km

Dal Colosseo la nostra camminata proseguirà per un circuito urbano che si snoda per il centro di Roma (quartieri Testaccio ed Ostiense) per raggiungere infine la Città dell’Altra Economia.

 

Per informazioni

Mail: movimentotellurico@gmail.com
Tel: 329 429 3301 (dalle 18 alle 20)

Lunga Marcia per L’Aquila alla radio

Earth Day ItaliaStamattina a VIP – Very Important Planet a cura di Earth Day Italia su Radio LatteMiele è intervenuto il presidente di Movimento Tellurico Enrico Sgarella per parlare della Lunga Marcia per L’Aquila 2015, che partirà da Roma il 27 giugno e raggiungerà il capoluogo abruzzese dopo nove giorni di cammino tra valli, creste e borghi del Lazio e della Marsica.

Clicca qui sotto per ascoltare il podcast della trasmissione:

Alcuni momenti del nostro 25 aprile

Anche questo 25 aprile abbiamo attraversato Roma con tanti camminatori, vecchi e nuovi amici (grazie a tutti!), seguendo le tracce di storie più e meno conosciute legate alla Resistenza romana e nazionale.

Ve ne riproponiamo alcuni momenti (grazie anche a Giovanni Pietrantonio per averci messo a disposizione le sue belle foto!) e indichiamo di seguito la bibliografia di riferimento per i brani che sono stati letti durante le soste.

Targa Teresa Gullace

Ersilia

Trastevere

Piero e Paola

Circolo ragazzi del 48

Piazza Mastai

Cristina

Ponte di ferro

Sotto i ponti

Cecilia

Porta S. Paolo

Targa parco

BIBLIOGRAFIA

Libri letti durante il cammino:

Con cuore di donna, Carla Capponi (Il Saggiatore)
Pane nero, Miriam Mafai (Ediesse)
Roma, percorsi di genere femminile – Vol.1, Maria Pia Ercolini (Iacobelli Editore)
L’ordine è già stato eseguito, Alessandro Portelli (Feltrinelli)
Storie della Resistenza, Autori vari (Sellerio)
101 donne che hanno fatto grande Roma, Paola Staccioli (Newton Compton)
Donne a Roma 1943-1944: memoria di un’indomabile cura per la vita, Simona Lunadei (Cooperativa Libera Stampa)

Altre fonti consultate

16 ottobre 1943, Giacomo Debenedetti (Einaudi)
Diario partigiano, Ada Gobetti (Einaudi)
Guida alla Roma Ribelle, R. e V. Mordenti, L. Sansonetti, G. Santoro (Voland)
Donne e Resistenza nella Provincia di Roma, Pubblicazione della Provincia di Roma

Trekking urbano per l’Anniversario della Liberazione

Sabato 25 Aprile 2015 celebreremo di nuovo l’Anniversario della Liberazione d’Italia camminando attraverso le strade di Roma sulle tracce della lotta per la liberazione, quest’anno coniugata al femminile.

25 aprile

Ci vuole più coraggio per vivere che per morire, disse Don Giuseppe Morosini prima di essere fucilato.

La nostra camminata di quest’anno è dedicata alle donne, al loro coraggio, alla loro voglia di vivere.
Ci fermeremo di tanto in tanto per raccontare storie di donne nel periodo dell’occupazione nazifascista fino alla Liberazione.
Storie di lotta, di coraggio, di passione, di resistenza quotidiana, di sopravvivenza.
Storie di famiglia, storie personali e collettive.
Storie di aiuto, di attenzione, di generosità, di amicizia, di amore.

La camminata seguirà il filo conduttore del libro Pane nero di Miriam Mafai.

DA SAPERE:

  • La partecipazione all’evento è gratuita.
  • L’intero percorso è lungo circa 12 km, ma è possibile entrare e uscire dal gruppo in qualsiasi punto. Le soste per le letture dureranno indicativamente 10 minuti.
  • Se il sole ci farà compagnia, farà caldo e noi trascorreremo in cammino le ore centrali del giorno: perciò invitiamo tutti i partecipanti a venire muniti di cappello per ripararsi dal sole e bottiglietta d’acqua portata da casa per non invadere il mondo di nuova plastica.
  • All’arrivo a Porta San Paolo possiamo restare insieme e sederci al Parco della Resistenza per consumare un pranzo al sacco portato da casa… e vino portato da Movimento Tellurico 🙂

 

mappa 25 aprile

ITINERARIO

[Nota: gli orari delle tappe intermedie sono da considerarsi indicativi.]

8:15 Appuntamento iniziale alla fermata metro Ottaviano
8:30 Partenza: Via Barletta – Attraversamento Viale delle Milizie

1) Viale delle Milizie – 8:40 Lettura Rosa Guarnieri Carducci
Attraversamento Viale delle Milizie – Via Carlo Alberto Dalla Chiesa

2) Viale Giulio Cesare – 9:00 Teresa Gullace
Attraversamento Viale Giulio – Cesare Via Duilio

3) Piazza dei Quiriti – 9:20 Giuliana Lestini, suor Margherita Bernes, Peppinella
Via Attilio Regolo, Via Orazio, Via Crescenzio
Piazza Cavour – Attraversamento Piazza Adriana/via Triboniano, Piazza Adriana

4) Parco Adriano – 9:50 Marisa Musu, Maria Teresa Regard, Carla Capponi, Lucia Ottobrini
Lungotevere Vaticano, Lungotevere Gianicolense – Attraversamento Piazza della Rovere
Attraversamento Lungotevere Gianicolense (altezza ponte Mazzini)

5) Via della Lungara – 10:20 Regina Coeli – Marcella Monaco

6) Salita del Buon Pastore, 10:35 Casa Internazionale delle Donne – letture e sosta (bagno e bar).
Via della Scala, Piazzale Sant’Egidio, Via della Paglia, Piazza Santa Maria in Trastevere
Piazza San Callisto, Via di San Francesco a Ripa, Viale Trastevere

7) Piazza Mastai – 11:25 Sciopero delle operaie dei tabacchi durante l’occupazione
Via delle Luce, Via della Lungarina, Piazza della Gensola – Attraversamento Lungotevere degli Anguillara
Ponte Cestio, Ponte Fabricio – Attraversamento Lungotevere de’ Cenci, Via del Tempio

8) Via della Reginella – 11:55 Settimia Spizzichino
Via Sant’Ambrogio, Via del Portico di Ottavia – Attraversamento Lungotevere de’ Cenci
Ponte Fabricio, Ponte Cestio, Ciclabile sul Tevere – fino al Ponte della Scienza

9) Via del Porto Fluviale – 13:25 10 donne trucidate
Attraversamento Via del Porto Fluviale, Via delle Conce
Viale Campo Boario Attraversamento Via del Porto Fluviale
Piazzale Ostiense – Attraversamento Via Marmorata

10) Porta San Paolo – 14:00 Arrivo
Parco della Resistenza dell’Otto Settembre 1943 – La targa per le donne cadute

Telefono per informazioni, anche nel corso della camminata: 339 2287563, 328 4194746

Alcuni momenti della camminata notturna del 6 aprile

Quest’anno nella notte del 6 aprile abbiamo raccolto il testimone ideale della fiaccolata commemorativa delle 309 vittime del terremoto dell’Aquila: alle 3:32, ora della scossa più devastante, abbiamo letto alcune testimonianze di quei giorni e ci siamo messi in cammino attraverso una Roma quasi deserta portando parole, cuori e candele attraverso le sue strade e i suoi monumenti (alcuni dei quali portano segni, poco noti, del sisma aquilano del 1349, per esempio sul Colosseo e sulla Colonna di Marco Aurelio a Piazza Colonna) fino ad assistere insieme all’alba dal Gianicolo.

2015-04-06 03.24.52
Ore 3:32, Piazza San Giovanni. Ricordiamo il terremoto dell’Aquila con una storia di presentimenti dalla piccola frazione di Santa Rufina (leggi sotto).

Il testo che segue è tratto dalla trasmissione di Radio 3 Rai Tre Soldi del 20/10/2014: “La ricostruzione, Parco Baleno e altre idee per L’Aquila” (prima puntata):

Santa Rufina.
Era un paesino, un gioiellino, un borghetto.
C’era questo scorcio che era fantastico: c’erano due case qui, e qui un arco a cui seguivano questi altri due coperti dal tavolato che vedi, lì puoi ben vedere che parte del solaio non c’è più, c’erano ancora i vecchi solai… lì addirittura ci sono ancora le tendine alle finestre, dove la gente abitava, qui era tutto abitato… come questi signori qui, che sono tornati e ogni tanto tornano anche se non potrebbero starci in casa purtroppo, ma ogni tanto tornano…

Giorni prima del terremoto…  c’era una temperatura nell’aria… una temperatura strana… proprio un’aria strana.. c’era.
Io passai da mia nonna e le dissi: Oh no’ che dici come stai?
– Eh, bene, si bene, ma qui…
Vidi nonna un po’ preoccupata quel giorno..
–    Oh no’, che hai fatto?
–    Niente…  ma… aesso te lo dico in dialetto: Parapatta non canta.
–    Che dici no’?
Quello che intendeva lei è che l’acqua di Parapatta, una falda in pressione , non si sentiva, perché nella zona dove lei abitava, nella notte in silenzio potevi ascoltare veramente il fruscio dell’acqua sottoterra…
Nonna dice:  io non sento più l’acqua.
Poi uscì fuori al cortile, guardò per aria… sai quello sguardo in cui vedi la saggezza degli anziani, con l’occhio un po’ socchiuso, persi un po’ che sembrano fissare un punto che non è un punto fisico… uno sguardo che va al di là…
–    A mi st’aria non me piace!
–    Perché no’ ?
–    Questa è aria di terremoto.
E questa è una cosa che avvenne due giorni prima del terremoto.
–    Ma che! Ma no! Statte tranquilla, non te preoccupa’..
–    Aesso! Aesso… aesso fa u terremoto. Fa…
Là per là non mi preoccupai, ma comunque mi mise un attimino la pulce nell’orecchio…

Quando arrivò quella maledetta sera del 5 aprile io, memore delle sensazioni, non tanto delle parole ma delle sensazioni che mi aveva trasmesso la nonna, fece la scossa alle 23:30 ma una bella scossa forte, all’una meno un quarto io andai in camera e presi il computer ché lì c’è tutta la mia vita: l’università i progetti… la roba che ho da studiare, altro non mi serviva, presi una coperta e il computer e li misi vicino alla porta di casa, e poi verso le due io avevo questa sensazione di disagio, di pericolo e dissi a mio padre: “Pa’, io vado a dormire in macchina”.
Mio padre si arrabbiò. Perché la casa l’ha costruita mio padre, l’ha progettata mio padre e quella era una mancanza di fiducia e di rispetto nei suoi confronti, quindi… mi trattò male e mi disse: ma cammina, ma dove vai, vattene a letto che fa freddo, ‘ché comunque era aprile era… e io mi misi a letto. Però non riuscivo a dormì e gli dissi: “Pa’, io non ce la faccio e voglio anda’ a dormi’ in macchina”, allora mio padre chiamò mia madre e gli disse:  “Guarda, vai a dormì co’ questa senno non la smette più!”
E quindi la mamma venne a dormire a letto con me.
Io mi allungai ma restò come la sensazione che fossi stata costretta ad aspettare. Perché ero…  so’ stata sveglia fino alle 3 e c’era un silenzio, a raccontarlo ora mi vengono i brividi, molto  particolare perché comunque abiti in campagna, no? Quindi senti il grillo, senti il gufo, la civetta, il cane che abbaia. Ecco alle 3 più o meno cominciò il cane del vicino e abbaiò, ma non era il classico bau, era una lamentela, era un latrare era… questo fino alle 3:32.

Quando è arrivato il terremoto io l’ho sentito proprio da lontano, un frastuono assordante! Quando poi ha cominciato piano piano la scossa, si capiva che non era come la scossa che ha sempre fatto nei giorni passati, era  stata una scossa molto più forte, così mi sono alzata dal letto e ho tentato di prendere l’interruttore delle luce…  quando poi mi sono accorta che accendendo la luce io non comandavo la luce, ‘ché la luce si accendeva e spegnava da sola tanto era forte la scossa… quando poi da sussultoria ha cominciato ad essere ondulatoria e le luci si sono…. dentro casa si è acceso tutto che facendo contatto si è acceso tutto… si sono aperti gli armadi è cominciata a uscire roba, vestiti… una cosa…
Ecco… Io ho trovato giorni, dopo che sono rientrata in casa, ho trovato il mio compito di biologia delle superiori in mezzo al libro di Analisi 1 dell’università, cioè per farti capire, questo che ci sta a fa’ qua? Il compito del terzo superiore stava in mezzo al libro del primo anno di Analisi di ingegneria, cioè in quel momento non ti chiedi neanche il perché… che ti senti talmente tanto piccolo, talmente tanto insignificante che non hai nemmeno la presunzione di chiederti il perché.

Mio padre che è un tecnico veramente con la T maiuscola ha guardato verso… io abito qua vicino, quindi se guardi fuori dalla finestra, qui sotto c’è Roio piano, ha guardato Roio piano e c’erano i lampioni accesi però c’era una enorme nuvola rosa. Mio padre tranquillamente, con molta freddezza, subito dopo il terremoto, verso le 4, mi guardò e mi disse “Io vado a prende nonna perché casa è crollata”, proprio tranquillo lui, non era preoccupato che casa era crollata, né tanto meno che nonna era probabilmente morta o sotto le macerie, perché  lui già sapeva quale era la pasta di nonna, capito?, lui ha dato per assunto che nonna era viva e che casa era crollata, è sceso con la macchina al paese ma dopo 20/30 secondi me lo sono rivisto ritornare.. “Passo per il bosco perché Santa Rufina è crollata”… il paese mio. Con una freddezza, con una cosa.. si è rigirato e ha fatto la strada del bosco. Arrivato giù al paese ha trovato mia nonna in piedi sulle macerie di casa sua con la gonna, la camicia del  vestito a festa e la borsetta con dentro i documenti: lei si era già preparata tutto, ‘ché lei lo sapeva già, da due giorni prima che ti ho detto “Questa è aria di terremoto”, lei già lo sapeva, si era già preparata…
Nonna ci poteva rimanere sotto le macerie… perché la camera di mia nonna è crollata, lei stava in piedi in mezzo alla strada e i vicini di casa gli dicevano “Che stai a fa’ là, vieni qua che se fa un’altra scossa che ti casca l’altra casa addosso!”. Mia nonna disse “Io sto qui perché aspetto mio figlio che mi viene a prendere, perché lei sapeva che  papà stava andando lì a prenderla… cioè una cosa…  per farti capire che… io penso che secondo me la telepatia veramente esiste… cioè mio padre sapeva che mia nonna era viva e mia nonna si è messa lì e sapeva che mio padre sarebbe andato a prenderla…

2015-04-06 03.37.00
Via Merulana

 

2015-04-06 03.58.27
Passaggio al Colosseo

 

2015-04-06 04.14.30
Via dei Fori Imperiali, altre memorie: le Ghost Bikes (“biciclette fantsma”) ricordano i ciclisti uccisi mentre pedalavano in strada.

 

2015-04-06 04.58.10
La colonna di Marco Aurelio presenta uno sfalsamento a circa metà altezza, provocata dal terremoto aquilano del 1349.

 

2015-04-06 04.58.19
Piero ci indica il punto della colonna che testimonia il sisma del 1349.

 

 

2015-04-06 05.11.43
Le nostre candele in Piazza del Pantheon.

 

2015-04-06 05.33.12
Campo dei Fiori: Giordano Bruno ci guarda passare…

 

2015-04-06 05.56.46
Trastevere mai vista così deserta…

 

2015-04-06 06.19.30
Arrivati al Gianicolo ci prepariamo ad ascoltare l’ultima lettura.

 

2015-04-06 06.20.23
Sta per sorgere il sole.

 

2015-04-06 06.20.34

Il testo letto sul Gianicolo, al termine della nostra camminata, è tratto da un articolo pubblicato su Il Capoluogo d’Abruzzo.

L’Aquila, un Vecchio e un Bambino

di Tiziana Pasetti

Se vuoi capire L’Aquila di oggi, se vuoi capirla davvero, devi tornarci dentro, devi guardare e respirare e ascoltare.

Se vuoi capire L’Aquila devi prendere un vecchio e un bambino e devi portarli nel cuore della città cariata e putrefatta.

Uno lo vedrai piangere, sono lacrime di piombo, perdere la propria città è perdere la propria storia, quella intima, quella dei luoghi dove ti rivedi vivere, dove continui a sentire la presenza delle persone che hai amato e che non ci sono più.
Vecchio. È un uomo vecchio quello che ha fatto il sarto per una vita intera. Una bottega piccola, a pochi passi da una delle Porte della città. Con la stoffa e con il filo e con l’ago è cresciuto, più che con il latte. Anche quando gli occhi hanno cominciato a non vedere più, a guidare le sue mani è rimasto l’istinto.
Da quattro anni torna tutti i giorni. Guarda il palazzo, guarda la porta che ha aperto per tutte le mattine della sua vita.
Se gli domandi a cosa stia pensando, non ti risponderanno le parole, ma il lieve gesto delle sue spalle, un lieve movimento della labbra.
Non siamo nati per veder morire quello che crediamo eterno, la fragilità della pietra suona come un paradosso, quel castello, quello, c’era ancora prima di mio padre, e con lui passeggiavo, la domenica, con le braghe corte e il suono delle prime automobili a riempire di magia quei giorni lontani.
Vecchio. È solo un uomo senza età quello che ti dice io ho una speranza. Tornare a riaprire la mia bottega, aspettare sull’uscio i miei clienti e intanto sentire L’Aquila che parla. Quando perdi gli amori della tua vita, una mamma, un papà, una compagna, un figlio, sono i luoghi che poi ti confortano. Il vicolo dove hai rubato il primo bacio, quello dove ti sei nascosto mentre tua madre ti correva dietro con il battipanni in mano, la cantina dove correvi quando c’era il rumore degli aerei che si avvicinava e scoprivi che trattenere il fiato è naturale come respirare.
Vecchio. Sembra dirti se non torno qui tutti i giorni questa città si dissolve, e se si dissolve lei scompare il mio passato, se non rinasce lei muoiono davvero anche tutte le persone che amo.

Andiamo via, ti dice un bambino se provi a portarlo a L’Aquila città che non c’è più. Puzza, andiamocene, ti dirà un bambino se lo porti nei vicoli che stanno marcendo insieme al legno che serve da sostegno alle case sventrate. C’è muffa e umidità e sporcizia. Il Vecchio non le vede, cerca altro, spera. Tu, che tieni la mano del bambino, hai ricordi, hai compassione, in fondo sei cieco anche te.
I nuovi aquilani questa città non l’hanno mai vista. Ci sono quelli che la notte del 6 aprile avevano un’età piccola piccola e ci sono quelli che sono nati dopo. Per loro non c’è un prima che possa addolcire l’orrore di oggi.

È un po’ come quando da piccolo ti portavano a trovare un nonno anzianissimo. Se eri molto educato ti avvicinavi al letto, davi anche un bacino al moribondo, mettevi su un sorriso.

Poi, appena ti mettevano giù e sapevi di non essere guardato, ti pulivi le labbra e speravi che quell’odore nauseabondo non ti restasse addosso, dopo.

Se vuoi capire dove sta andando questa città, parti dalla fine. E cerca di capire, guarda bene, però, se un nuovo inizio è possibile.

2015-04-06 06.20.50

2015-04-06 06.54.34

Segnaliamo anche il racconto fotografico gentilmente pubblicato da Fernanda di Mastropaolo.

6 aprile 2015: Camminata notturna 3:32

Percorso 6 aprile

Per il sesto anniversario del terremoto abruzzese vi proponiamo un trekking urbano notturno lungo le vie del centro storico di Roma: partiremo all’ora in cui si è verificata la scossa più devastante del terremoto dell’Aquila per cercare e riscoprire i segni ancora presenti dei terremoti che nella storia hanno colpito la “città eterna”, anch’essa a rischio sismico nonostante il luogo comune che la vuole esente da tale pericolo…

Lo scopo è quello di mantenere viva l’attenzione sul problema della ricostruzione della città capoluogo dell’Abruzzo, tutt’altro che risolto, e per sollecitare una più attiva politica nazionale per la messa in sicurezza antisismica del patrimonio edilizio nazionale a cominciare da scuole ed ospedali.

Programma:

6 Aprile 2015, ore 3:00 – Appuntamento davanti alla basilica di San Giovanni (collegamenti bus notturni ATAC: N1 Battistini – Anagnina, N10 P.le Ostiense – Manzoni – P.le Ostiense, N11 Piramide – Manzoni – Piramide): presentazione camminata e lettura testi

Ore 3:32 Partenza

Percorso: vedi mappa Google (aprire la mappa e cliccare sui segnalibri rossi per ulteriori foto e notizie)
Tel. di riferimento per la camminata: Piero 3294293301

6:15 circa: Arrivo al Gianicolo
6:36 Alba e colazione light preparata da Movimento Tellurico

Camminando insieme per credere. Dal dialogo all’accoglienza

Domenica 29 marzo FederTrek – Escursionismo e Ambiente organizza una camminata urbana a Roma alla scoperta di alcuni luoghi di culto delle diverse religioni, ma non solo, per contribuire a creare, mediante l’uso delle gambe, un ponte di dialogo e di comunicazione interreligiosa e multiculturale.

Si partirà dalla Grande Moschea di Roma, con tappe a San Pietro, a Palazzo Giustiniani, dove fu firmata la Carta Costituzionale che sancisce i principi di pace, libertà e rispetto che sono alla base della nostra democrazia, quindi alla Sinagoga, con arrivo davanti al Cimitero Acattolico, luogo di sintesi per eccellenza, perché là riposano donne e uomini di tutti le fedi e ideologie.

Un pellegrinaggio cittadino, perché camminare è la velocità migliore per comprendere al meglio la realtà che ci circonda, per imparare a conoscere se stessi e gli altri, condividendo idealmente il percorso comune della vita.

Comunicato e locandine in italiano, arabo, punjabi, inglese, spagnolo: www.federtrek.org
Evento facebook, con info sempre aggiornate: https://www.facebook.com/events/1559314754345599/

Le Tappe

10:00-11:00 Grande Moschea di Roma, via della Moschea 85
13:00-14:00 Pranzo al sacco
14:00-15:00 San Pietro, piazza S. Pietro
15:30-15:45 Palazzo Giustiniani, via della Dogana Vecchia 29
16:00-17:00 Sinagoga, via del Tempio
17:45-18:45 Cimitero Acattolico, via Caio Cestio 6

Alcuni momenti del nostro 8 marzo

2015-03-08 08.47.59

Colomba Antonietti (1826 – 1849)

220px-23-porzi-antoniettiDa Maria Pia Ercolini, Roma. Percorsi di genere femminile vol. I (Iacobelli Editore, 2013)

Al Gianicolo, tra porta San Pancrazio, le mura Gianicolensi, villa Corsini e il Casino dei Quattro Venti, si è consumato uno dei momenti più drammatici dell’intera difesa della Repubblica Romana e anche 1 ultimo giorno di vita di Colomba.
Dallo stesso Giuseppe Garibaldi possiamo leggere la descrizione della sua eroica morte:

Ma un’altra cosa era accaduta, anche più drammatica della morte di Vecchi qualora fosse stata vera. La stessa palla che lo aveva sotterrato aveva poi battuto nella muraglia, e risaltando all indietro aveva rotto i reni a un giovane soldato; il giovane soldato posto sopra una lettiga, aveva incrociate le mani sul petto, levati gli occhi al cielo, e reso l’estremo fiato.
Nel momento che stavano per portarlo sull’ambulanza, un ufficiale si era precipitato sul cadavere e lo aveva coperto di baci. Quell’ufficiale era Parzio, il giovane soldato era Colomba Antonietti sua moglie, che lo aveva seguito a Velletri, e aveva combattuto al suo fianco il 3 di giugno.

Ma chi era Colomba Antonietti?
La sua breve vita ha avuto tappe memorabili, in uno dei momenti più drammatici del Risorgimento. La sua fu anche una bella storia d’amore; Colomba e Luigi si conobbero giovanissimi, a Foligno; si innamorarono e sposarono contro il parere delle rispettive famiglie che si opponevano per la differenza di ceto sociale.
Si stabilirono a Roma. Luigi fu arrestato per essersi sposato senza l’autorizzazione dei suoi superiori. Colomba visitò il marito tutti i giorni per i tre mesi di prigionia.
Allo scoppio della Prima guerra d indipendenza, Colomba segui il marito per tutta la campagna del 1848 come uno dei suoi soldati. Il parere contrario del colonnello Luigi Masi, vicino a Garibaldi, non riuscì a dissuaderla dal tagliarsi i capelli e dall’indossare l’uniforme per combattere gli austriaci a Vicenza.
Ne Lo assedio di Roma, Francesco Domenico Guerrazzi rievoca l’evento con queste parole:

Aperte le brecce ferve l’opera per metterci riparo, un vero turbine di ferro e di fuoco mulinava su l’area avversa alle brecce francesi, e una moltitudine di cannonate la solcava per seminarvi pur troppo la morte; tu vedevi i Romani brulicare come formiche portando sacca, sassi, e trainando carretti di terra, né i Romani soli, bensì ancora le Romane, e fra queste Colomba Antonietti, che non potendo lasciare solo il marito esposto al pericolo volle a ogni costo parteciparlo e in cotesta vita ella aveva durato due anni, che lo sposo suo accompagnò in tutte le guerre d’Italia, e a Velletri fu vista, precorrendo, incorare i soldati: in quel giorno la supplicarono di là si rimovesse, ed ella sorridendo, «Ma se ci lascio il marito morirei di affanno».

Nel maggio del 1849, nella battaglia di Velletri contro i borbonici, la coppia fu lodata da Garibaldi che, riconosciuta l’identità di Colomba dopo averla creduta un giovinetto, l’accostò alla sua Anita, «anch’essa così tranquilla e così coraggiosa in mezzo al fuoco».
Poi la tragica fine negli ultimi giorni della Repubblica Romana.
Il popolo romano accompagnò il feretro lungo le vie di Roma, coprendolo di rose bianche.

2015-03-08 12.33.38

 

Il 27 aprile 1849 era stato pubblicato pubblicato questo appello:

Nel momento che un Cittadino offre la vita in servizio della Patria minacciata, le Donne debbono anche esse prestarsi nella misura delle loro forze e dei loro mezzi. Oltre il dovere dell’infondere coraggio nel cuore dei Figli, dei Mariti e dei Fratelli, altra parte spetta pure alle Donne in questi difficili momenti. Non parliamo per ora della preparazione di cartucce e munizioni di ogni genere cui potranno essere più tardi invitate le Donne Romane. Ma già sin d’oggi si è pensato di comporre una Associazione di Donne allo scopo di assistere i feriti e di fornirli di filacce e di biancherie necessarie. Le Donne Romane accorreranno, non v’ha dubbio, con sollecitudine a questo appello fatto in nome della patria carità.

Firmarono il documento Marietta Pisacane, Cristina Trivulzio di Beigioioso, Giulia Bovio Paulucci.
Risposero all’appello molte donne d’ogni sorta. Racconta Cristina:

In una delle mie corse fra un ospedale e l’altro, il mio calesse fu bloccato dalla folla e da un ingorgo di vetture la cui destinazione non mi fu subito evidente […]. Un convoglio formato da carri e altri veicoli, occupava per tutta la sua lunghezza la strada, che mi stava davanti, mentre le finestre delle case erano spalancate e da esse venivano lanciati sulle carrozze materassi, traverse, coperte, camicie, lenzuola e biancheria di ogni tipo al grido di «Viva la Repubblica». Rispondono generosamente anche le donne, circa seimila, che si presentano per assistere i feriti, tra loro ci sono anche povere e prostitute.

La presenza tra le volontarie di alcune prostitute fece sì che dopo la sconfitta tutte furono calunniate dai vincitori e non abbastanza difese dai repubblicani. Cronisti e scrittori d’oltralpe e clericali attaccarono con volgarità l’operato femminile, accusando le infermiere di fare proselitismo tra i feriti francesi con la voluttà e il fascino: Cristina di Beigioioso, definita «splendida per viziosi e
avara coi virtuosi», divenne ironicamente bellejoyeuse o “bella gioia”.
A tutte le critiche moralistiche provenienti dagli opposti schieramenti politici, Cristina risponderà con acume e intelligenza, perfino al papa a cui ricorderà Cristo e la Maddalena. Ma con l’amica Jaubért si confiderà in una difesa appassionata:

Ho visto le più depravate, le più corrotte di tutte, restare inchiodate al capezzale di un moribondo, senza mai abbandonarlo né per mangiare né per dormire, per tre o quattro giorni di fila e altrettante notti: le ho viste adempiere ai compiti più ripugnanti, restare per ore intere curve su piaghe incancrenite da cui emanava un odore infetto; sopportare le grossolanità di quei disgraziati esasperati dalla sofferenza; il tutto senza dar segno né di disgusto né di impazienza.

Forte è stata la partecipazione diretta delle donne, patriote e apolidi nel Risorgimento italiano, volutamente minimizzata dalla cultura corrente, che ne ha ridotto il coraggio e l’impegno in stucchevoli prove d’amore verso padri, mariti, fratelli, figli, come se l’amore fosse una “debolezza femminile”.
Dai libri di storia non si percepisce che le donne amano e pensano, amano e scrivono, amano e curano, amano e combattono, amano e vengono imprigionate, torturate, uccise. Quel che c è di vero è che le donne non smettono di amare con un fucile in mano, né in piedi su una barricata.
L’invisibilità delle protagoniste della Repubblica Romana è il risultato del pensiero misogino che le vuole estranee a ogni partecipazione politica e non una mera dimenticanza. Lo dimostrano fatti comprovati. Anche rispetto al lavoro di cura, tradizionalmente femminile, si esprime condanna quando l’assistenza si colora di attivismo: nell’enciclica Nostis et nobiscum, pronunciata da Pio ix l’8 dicembre del 1849, le donne che curavano con dedizione i feriti e confortavano i morenti, furono giudicate «sfacciate meretrici».
E ancora oggi niente busti per queste donne. Dunque, niente memoria.


Da Marco Lodoli, Nuove Isole (Einaudi, 2014):

Passeggiando al Gianicolo con tutta la città negli occhi, ci ritroviamo ad osservare i busti degli eroi della Repubblica Romana del 1849: facce austere di ragazzi che sembrano uomini, tanti che si sacrificarono in quel lungo assedio, quando Roma si trasformò in una sorta di Fort Alamo e resistette fino all’ impossibile alle truppe francesi chiamate da Pio IX. Erano tutti qui gli spiriti liberi del Risorgimento, Garibaldi e Mazzini, Pisacane e Mameli, Saffi e Armellini, molti morirono in quei giorni e forse meriterebbero un grande sceneggiato popolare, tre o quattro puntate televisive che rinfreschino la memoria a tutti gli italiani: strano che nessuno ci abbia ancora pensato.
E tra tanti busti di uomini c’è anche quello di una donna, Colomba Antonietti, che a vent’anni combattè a fianco del marito e degli altri garibaldini, prima a Velletri, vittoriosamente, e poi nell’ultimo scontro qui al Gianicolo, dove perdette la vita. È la prima sul viale che porta verso il Fontanone, è giovane e bella come tutti gli eroi. A mia figlia ho dato per secondo nome proprio Colomba, per ricordare una donna che ha tanto amato Roma e la libertà.

 

2015-03-08 10.08.48

 

Simonetta Tosi (1937 – 1984)

simonetta_tosiLa “mia” Simonetta

di Ersilia Bosco

Ho conosciuto Simonetta Tosi (1937-1984) a metà degli anni 70. Ero da tempo impegnata nel lavoro politico con il Comitato di lotta per la casa di Primavalle e mi sono sempre più coinvolta nelle tematiche riguardanti il benessere delle donne. Nel Comitato non sembrava esserci lo spazio adeguato, come se problematiche quali l’interruzione volontaria di gravidanza, la contraccezione, il parto, insomma la salute delle donne, non fossero temi abbastanza politici. Insieme ad altre compagne abbiamo dato vita all’Assemblea delle donne del Consultorio di Primavalle (via Jacobini 6) partecipando poi al Coordinamento dei Consultori romani e costituendo, nel 1979, il Centro Donna Primavalle  per accogliere, confrontarsi e rispondere ai bisogni e ai desideri delle donne del quartiere. Tra le molte e diversificate forme di lotta e di autogestione della salute messe in atto, cito solo i corsi autogestiti sulla contraccezione e l’occupazione – iniziata il 18 ottobre 1978 e durata 21 giorni – della direzione Sanitaria di Villa Verde, struttura pubblica quale reparto distaccato di ostetricia e ginecologia del San Filippo Neri, che a 5 mesi dall’entrata in vigore della legge 194 , non ne garantiva l’applicazione per la presenza di ginecologi obiettori di coscienza.

Convinta che «il personale è politico» (e non che «il privato è pubblico» come giustamente affermato anche recentemente da Emma Bonino) cercavo un modo per dare espressione e forma concreta al vivido desiderio di aiutarmi, e con me aiutare altre donne, a pensare con la propria testa, a prendere decisioni autonome, a fidarci delle personali capacità, riflessioni ed emozioni.

Non è facile trovare un modo per coniugare teoria e prassi, fantasia e realtà. «Vuoi mettere insieme l’acqua e il fuoco…»  mi ripetevo, dubbiosa. L’incontro con Simonetta ha rappresentato per me, e penso anche per altre, l’incarnazione di tale possibilità. Simonetta, una donna minuta dai lunghi capelli lisci come la sua voce pacata, dallo sguardo intenso, attenta ad ascoltare e poco propensa alla chiacchiere. Lei, studiosa e curiosa ricercatrice, ha mostrato che è possibile coniugare rigore e immaginazione, ricerca e rispetto amorevole per l’oggetto della propria indagine, in questo caso il benessere e il corpo delle donne. Simonetta mi ha insegnato che è possibile realizzare l’impossibile o per lo meno che provare a farlo non è roba da matti ma da persone coraggiose.

Si può definire il coraggio diverse maniere, almeno in parte dipendenti dalle circostanze storiche e di contesto. Il coraggio – dal latino cor habeo – che più colpisce l’immaginario è quello delle azioni grandiose, talmente eroiche da apparire quasi disumane. Il coraggio delle donne solitamente è meno appariscente ma sempre molto umano perché si snoda nelle azioni quotidiane, nel tessere con pazienza, punto dopo punto, l’arazzo di desideri e di progetti, pensati nel cuore e sentiti nella mente. E Simonetta Tosi è stata una donna molto coraggiosa. Anche per il modo e il pudore con cui ha affrontato la malattia.

Simonetta ha indicato una possibilità ancora valida, una strada ancora troppo poco praticata.

 

2015-03-08 10.46.45

 

Da Rita Levi-Montalcini, Senz’olio contro vento (Baldini & Castoldi, 1996)

Senz’olio contro vento è un antico motto marinaresco che esortava ad affrontare con sprezzo del pericolo il mare in burrasca: versare olio attorno alle imbarcazioni mitigava l’effetto delle onde. Nel suo libro così intitolato, Rita Levi Montalcini rievoca le figure di 10 personaggi da lei conosciuti e amati che hanno saputo attraversare con coraggio il mare tempestoso della vita. Uno dei 10 personaggi è Simonetta Tosi, cui si rivolge in seconda persona in un capitolo intitolato Simonetta Tosi: impegno, intensità e coraggio.

 

Sin dal nostro primo incontro ho ammirato in te la donna della nuova generazione, che era riuscita a conciliare la vita professionale con quella di moglie e di madre. Nel modo deciso di prospettare le linee di ricerca che ti proponevi di affrontare, e allo stesso tempo nella femminilità della tua figura così aggraziata, era realizzata la donna quale io sognavo ai tempi della mia giovinezza.
La simpatia che ho provato nei tuoi confronti derivava inoltre dal fatto che vedevo in te la contestatrice del ’68, militante della nuova sinistra: una giovane inserita con uguale impegno e competenza nel mondo della ricerca e in quello sociale.
Quando nel 1972 avevi abbandonato la ricerca che conducevi con successo nel campo dell’immunologia per dedicarti a tempo pieno allo studio della situazione sanitaria femminile, avevi messo in atto in questo settore la stessa serietà e lo stesso rigore che avevano caratterizzato la tua attività scientifica, trasferendoti dal tavolo di laboratorio al servizio dei problemi sociali. […]

Una nuova dimensione di vita nata nel femminismo, contro la scelta lavoro o famiglia, dovere o piacere, che tu sei riuscita a ottenere risvegliando allo stesso tempo le altre donne alla coscienza di se stesse.
Il corpo femminile, le sue energie, le sue malattie, la sua connessione con i sentimenti, erano diventati per te un terreno di indagine nuovo e fertile. La piaga dell’aborto clandestino è stata la prima delle tematiche che tu e le tue compagne avete affrontato.

Via dei Sabelli n. 100

Nel 1974 nel quartiere di San Lorenzo, in via dei Sabelli, tra palazzine di case popolari che portano ancora i segni dei bombardamenti, avevi trovato una piccola sede per aprire un consultorio, autogestito e autofinanziato. Uno scantinato umido, reso vivibile con lavori di ripristino da parte tua e delle tue compagne, arredato con il minimo indispensabile per le visite e le riunioni.
Un giorno alla settimana era dedicato all’incontro con le compagne del Collettivo per l’organizzazione dei viaggi a Londra, in cliniche convenzionate per le donne che dovevano interrompere la gravidanza, dato che in Italia l’aborto era ancora fuorilegge.
In una lettera alle compagne del consultorio di San Lorenzo, scritta nel 1977, avevi criticato duramente la cultura medica ufficiale sollecitando l’esigenza della medicina preventiva e la divulgazione di mezzi tecnici di controllo della salute della donna. Accennavi brevemente alla tua preoccupazione e all’angoscia del dramma che tu stessa vivevi in quel momento.

Care compagne,

domenica scorsa mi sono fatta togliere un nodulo alla mammella «per scrupolo»… aveva segni tutti apparenti di benignità. Lo stesso hanno pensato i due medici che mi hanno visitato. Il primo mi ha detto: «Se vuoi toglierlo vedi tu, è senz’altro benigno, ma per levarti ogni preoccupazione, forse è meglio, così ti tranquillizzi… » Il secondo mi ha detto: «Non è da togliere assolutamente, questa è una mastopatia, fai questa cura e fra un mese è tutto scomparso ». Mi dilungo in questi particolari perché vengono fuori delle cose importanti per tutte noi che riprenderò più avanti.
Comunque mi sono fatta operare perché mi rimaneva il dubbio, anche se questo era secondo loro nullo o quasi. L’esame istologico è risultato: carcinoma intraduttale…
A pensare che la decisione è stata solo mia, c’è da avere paura sapendo a chi è affidata la nostra salute, a quale leggerezza e incompetenza degli esperti andiamo incontro senza saperlo.
Per voi ne viene fuori che di medicina preventiva c’è molto bisogno e che se riuscissimo a riappropriarci di alcune conoscenze e relativi mezzi tecnici la nostra salute sarebbe in mani migliori.
Nel mio caso, se avessi saputo quale era la prevenzione corretta per i tumori al seno avrei fatto qualche esame periodico anche senza sintomi. Mi voglio informare se esistono esami periodici indicativi per prevenire i tumori al seno…
Non posso prevedere quando e se tornerò in circolazione, in quanto lo saprò solo dopo l’intervento. La sopravvivenza a questo tipo di tumore dipende di nuovo da quello che si trova in un’esplorazione più accurata…

 

Dopo l’intervento, la salute di Simonetta Tosi si mantenne buona per altri cinque anni, ma nel 1983 fu colpita da diverse metastasi.
Neppure allora fermò le sua attività, ma quando le riunioni si facevano lunghe e farraginose aveva preso l’abitudine di mettere in guardia: “Guardate che io ho fretta”. Solo gli amici più cari capivano cosa volesse dire.
Si sottopose alla terapia del dolore, provando su se stessa metodi diversi e vivendo in prima persona due drammatici aspetti della malattia: l’inefficacia degli antidolorifici e l’abbandono del malato.
Per questo, ai familiari e agli amici più intimi, raccomandava che non si trascurasse di approfondire il discorso scientifico sul dolore, né di lottare nel campo dei diritti del malato.

Torniamo alle ultime parole che le rivolge Rita Levi Montalcini:

In una tiepida mattina soleggiata, 7 novembre 1984, una folla di giovani donne aspettava il proprio turno per entrare nel consultorio di via dei Sabelli, nel quartiere popolare di San Lorenzo, per darti l’ultimo saluto. Il loro silenzio sarebbe stato gradito da te, cosi schiva da consensi clamorosi e dall’esporti in pubblico, sia pure in difesa dei principi ai quali avevi dedicato la vita.
La bara, per tuo desiderio, era stata collocata nella piccola camera del consultorio fondato e diretto da te per dieci anni, dal 1974 fino a poche settimane prima della tua morte.
A questa camera si accedeva da una scala che portava dall’entrata al seminterrato; sulla parete di fronte all’ingresso era stata appesa una tua grande fotografia. Nel bel viso incorniciato da due bande di capelli scuri lucenti, spartiti nel mezzo, che facevano pensare alle ali di una rondine, spiccavano gli occhi a forma di mandorla dallo sguardo serio e pensieroso. Il mento era appoggiato alla mano lunga e sottile, in un atteggiamento che ti era consueto. Riviveva, nella fotografia, la Simonetta che avevo incontrato per la prima volta nel 1971.

2015-03-08 14.44.41

Domenica 8 marzo: camminata romana “Il coraggio delle donne”

Locandina Il coraggio delle donne-page-001

Movimento Tellurico vi invita a trascorrere l’8 marzo, Giornata internazionale della donna, con una camminata domenicale attraverso il centro di Roma, ascoltando le storie di alcune donne romane che hanno lasciato un segno e tracciato una nuova direzione rispetto alle convenzioni delle loro epoche.

Il percorso partirà da Piazza del Popolo e, snodandosi per le vie del centro di Roma, ci porterà in Via della Lungara alla Casa Internazionale delle Donne.

  • Itinerario e appuntamenti per chi vuole raggiungerci lungo il percorso:
    Appuntamento PIAZZA DEL POPOLO 8:30
    Partenza PIAZZA DEL POPOLO – 9:00
    VIA MARGUTTA – 9:10 – 9:25
    VILLA MEDICI – 9:40 – 9:55
    VIA DEL CORSO 347 – 10:10 – 10:25
    PIAZZA SANT’AGOSTINO – 10:40 – 10:55
    VIA GOVERNO VECCHIO (CASA DELLA DONNA) 11:05
    VIA MONSERRATO (B. CENCI) 11:15
    PIAZZA FARNESE – 11:20 – 11:35
    VIA DELLE ZOCCOLETTE – 11:45
    VIA DELLA LUNGARA PALAZZO CORSINI 11:50 – 12:05
    PIAZZA GARIBALDI – 12:25 – 12:40
  • Arrivo alla Casa Internazionale delle Donne: h 12:55 – 13:10, in concomitanza con l’arrivo della pedalata attraverso i luoghi della Resistenza romana al femminile organizzata da UISP Roma e Casa Internazionale delle Donne.
  • Possibilità di pranzare al ristorante della Casa (buffet 10 €)
  • Dalle h 15:00, rassegna cinematografica su storie di Resistenza di ieri e di oggi (ulteriori informazioni su www.casainternazionaledelledonne.org)

La camminata è libera, gratuita e autogestita. Non occorre iscriversi all’associazione né pagare quote di partecipazione, ma segnalate comunque la vostra presenza (e l’intenzione di pranzare alla Casa delle Donne) all’indirizzo mail movimentotellurico@gmail.com

 

Festa dell’Altra Neve 2015

Festa_dellaltra_neve

Per il terzo anno consecutivo FederTrek organizza la Festa dell’Altra Neve sulle montagne del Sirente – Velino (provincia dell’Aquila).

Perche “altra” neve e perché il “Sirente – Velino”?

Il Parco Regionale Sirente – Velino è una bellezza in pericolo, sottoposto da anni a pressioni per essere riperimetrato per fare spazio a impianti di risalita e speculazioni. In passato la FederTrek si è unita alla battaglia per bloccare una di queste riperimetrazioni ottenendo un grande risultato, ma adesso è il momento di proporre un’alternativa alle popolazioni della zona, affinché possano capire che la tutela del territorio può essere un’ottima risorsa per integrare il turismo sciistico già esistente, senza distruggere l’ambiente.
La Festa dell’Altra Neve di quest’anno vuole essere un segno, coinvolgendo direttamente tutte le realtà locali, che un nuovo modello di sviluppo è possibile.

Cammineremo al fianco di guide locali, assaggeremo prodotti tipici, balleremo al ritmo delle danze popolari, pernotteremo in tenda all’ascolto degli ululati…
E poi cammineremo, ciaspoleremo, scieremo e faremo pupazzi di neve. Insomma, tante occasioni di divertimento per tutti, per stare insieme e goderci le bellezze della neve.

Per dettagli sugli eventi, costi di iscrizione e per richiedere ulteriori informazioni:
http://www.federtrek.org/festa-dell-altra-neve-2015.php#top